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L'eleganza dell'Aglianico

L’Aglianico, nel suo ambiente ideale, su terreni no troppo ricchi e di alta collina è arrivato più di duemila anni fa dalla Grecia e si è presto imposto nella viticoltura meridionale. L’uva dai grappli piccoli e compatti, con acini dalla buccia spessa di colore blu scuro è l’artifice del suo profumo ed il suo grande spessore.

L’Aglianico di Donato D’Angelo è frutto di una vendemmia di fine ottobre in vigneti con età media di 40-50 anni; le stesse uve vengono vinificate con pigiatura, diraspatura e quindi macerazione e fermentazione naturale in vasche di cemento; dopo la svinatura, il lungo affinamento in tonneaux (almeno diciotto mesi). Il risultato: colore rubino di bei riflessi timidamente aranciati; al naso un misto di profumi fiori e di note minerali, che «ascoltandoli» per vari istanti, portano una speziatura fine. In bocca la sorpresa di un vino elegante, molto fine, vestito di acidità spiccata ma coperta da un buon corpo (l'alcol) e poi da una trama fine di tannini in giusto equilibrio. Se dovessi abbinarlo sceglierei una faraona (Paolo Massobrio).

Calice, è frutto di una vendemmia eseguita nei vigneti più giovani, mentre il terzo asso di Filomena e Donato è un blend di uve autoctone e internazionali che prende il nome di Basilicata Balconara. Affinato per diciotto mesi in tonneaux, segue la scia di portare in tavola solo grandi vini.

Altre tanto antichissima, l’origine del Fiano, un vitigno bianco vigoroso, fertile ma con basse rese. Secondo alcune teorie arriva ache lui dalla Grecia, ma si sà per certo che le produzioni migliori sono sui terreni vulcanici. Il grappolo con forma piramidale alata e acini molto serrati sono ellitici e di medie dimensioni, la buccia spessa, dorata e poco pruriginosa. Degusta il Bianco di Donato D’Angelo.